Massimo Dadea (2010)

Tutti gli errori di Soru
di Filippo Peretti
La Nuova Sardegna, 07/01/2010

«L'ho scritto innanzitutto per me stesso, per una gratificazione personale. Lo scrivevo e non vedevo l'ora di vederlo stampato». Con il libro «La febbre del fare» Massimo Dadea, 59 anni, nuorese, medico, consigliere regionale dal 1984 al 1994 col Pci-Pds, assessore agli Affari generali nella giunta di Renato Soru dal 2004 sino alla sconfitta elettorale del febbraio 2009, ha aperto un dibattito politico che nel centrosinistra stentava a partire.

«Volevo - spiega - lasciare la mia testimonianza. E i libri restano». Dadea aveva tante cose da raccontare: il suo non facile rapporto con Soru, l'ambizione del progetto di cambiamento, l'impegno esaltante, gli scontri nella maggioranza e nel Pd. Ma anche gli errori commessi. - Massimo Dadea, quanti errori? «Purtroppo tanti». - Anche il presidente e la giunta? «Molto meno di altri». - Proviamo ad analizzarli. Ma, intanto, perché sinora non c'è stato un vero dibattito politico? «Mi stupiva il silenzio calato su una esperienza che, qualunque ne sia il giudizio, ha segnato profondamente l'Autonomia». - Come si spiega quel silenzio? «Non so, ma c'era come una fretta sospetta di archiviare quell'esperienza, addirittura di esorcizzarla». - E' riuscito finalmente a far aprire il dibattito? «E' la finalità politica del libro. Sta suscitando grande interesse. Tra il pubblico del primo convegno di presentazione c'era anche il segretario del Pd». - C'è stato un incontro positivo con Silvio Lai? «Non c'è stato nulla. Mi ha sorpreso che non abbia dato seguito a quella occasione». - Pesa la vostra divisione degli ultimi anni? «Non credo. Io ho votato per Bersani!». - Come definisce l'esperienza Soru? «E' stato il tentativo più determinato mai messo in campo per cambiare la politica e le istituzioni sarde». - E' fallito o cosa resta? «Non è riuscito del tutto, ma dopo questa esperienza molti aspetti non saranno più gli stessi». - Quali? «I temi ambientali sono entrati nella cultura generale. Poi la ricetta per coniugare modernizzazione e identità. Tra paesaggio e rivoluzione digitale la Sardegna era un modello da imitare». - Non c'erano tutte le condizioni per riuscire nell'intento? «Abbiamo dovuto prendere atto che, nonostante la nostra febbre del fare, una legislatura non basta». - Da cosa era dettata quella febbre? «C'era in noi la preoccupazione che il processo di cambiamento venisse ricacciato indietro». - Soru ha ammesso: forse abbiamo aperto troppi fronti in una volta. «Sì, bisognava aprirne uno, chiuderlo e poi aprirne un altro. Il cambiamento ha bisogno di sedimentarsi». - Tra di voi le cose non erano partite bene. «Era diffidente, aveva dei pregiudizi». - Temeva che lei fosse legato alla parte avversa del partito? «Probabilmente mi pensava come una quinta colonna per far fallire il progetto». - Il partito che mandato le aveva dato? «Fare le riforme. Per questo era stato scelto un assessorato politico». - Lei è stato sul punto di mollare. «Sì, ma poi lavorando con Soru mi sono convinto della bontà del progetto». - Quali sono i principali pregi di Soru? «La grande capacità di impadronirsi dei problemi, la forza di volontà». - Gli aspetti negativi? «Quello che alla lunga gli ha alienato molte simpatie è il peccato di superbia. Ci eravamo convinti di poter essere autosufficienti». - Perché quell'errore? «Siamo stati come costretti a fare da soli: era venuto meno l'apporto del Pd, preso da un travaglio infinito». - E il rapporto conflittuale con il sindacato? «E' una delle ragioni delle nostre difficoltà. Il sindacato non si è dimostrato pronto a sostenere un progetto di cambiamento». - E con gli enti locali? «Abbiamo fatto cose importanti, come il federalismo interno, il fondo unico da gestire in autonomia, ma hanno pesato di più la legge sulle coste e il piano paesaggistico». - Nel suo libro individua l'inizio della fine nello scontro sulle primarie tra Renato Soru e Antonello Cabras per la guida del Pd. «Ho provato a dire a Soru di non candidarsi, ma ormai era deciso». - E' stato uno sbaglio? «Obiettivamente è la cosa che poteva evitare». - Lei temeva il peggio? «Avevo chiarissimo che, con qualsiasi risultato, le ripercussioni sarebbero state negative sulla giunta». - E anche sul partito. «Quella vicenda, gli scontri, l'inquinamento del voto da parte del centrodestra contro Soru, hanno segnato pesantemente la nascita del Pd. Lo vediamo ancora». - Ora, con i congressi provinciali, sembra che le cose stiano cambiando. «Cinque segretari unitari su otto sono un buon risultato. Rispetto alle primarie Soru-Cabras il clima è diverso, più maturo». - Tra le cause della sconfitta lei ha indicato il «patto scellerato tra i conservatorismi di destra e di sinistra». «C'è e si fa sentire, come la sanità, i rifiuti, l'ho toccato con mano. Quel patto ha pesato anche sulla legge statutaria e sulle primarie». - Come? «In modo trasversale. Altrimenti non ci si può spiegare perché chi ha votato a favore poi chieda il referendum». - E sulle primarie? «Soru aveva messo in discussione il potere dei partiti e nei partiti. Oltre che il centrosinistra si è spaventato anche il centrodestra perché Soru metteva in discussione gli equilibri su cui si reggeva quel patto». - Ha indicato molte cause, ma per lei qual è la principale ragione della sconfitta? «La difficoltà a comunicare le cose che si facevano nell'ambito del progetto. Alla lunga i messaggi demolitori contro il cambiamento hanno avuto più peso, sono penetrati in profondità». - Cosa pensa dell'ipotesi di dialogo sulle riforme tra il Pd e il presidente Cappellacci? «Non è positivo dare sponda a una giunta che è in grosse difficoltà». - L'opposizione deve essere più pungente? «Guardi, la giunta ha già cambiato non so quanti assessori, tre soltanto all'ambiente, e non ho visto grandi proteste». - Cosa vuole dire? «Non vorrei che ci fosse un'interpretazione sbagliata della linea teorizzata a livello nazionale a proposito di inciucio». - E' contrario al dialogo sulle riforme? «Ma non mi sembra che la ricerca di un compromesso sia sulle riforme». - E' un inciucio? «L'inciucio è, come scrive Scalfari, un accordo tra malandrini per spartirsi un bottino sconveniente». - Cosa dovrebbe fare l'opposizione? «Far emergere che il centrodestra vuole solo ricacciare indietro le cose fatte nella passata legislatura». - Pensa che settori del Pd vogliamo aiutare il centrodestra a demolire quanto fatto da Soru? «Non dico che ci sia un aiuto, ma è l'immagine che viene percepita all'esterno».