Mario Monti (2013)

"Ecco l'Agenda Sardegna che farà crescere l'isola"
da La Nuova Sardegna del 18 febbraio 2013
Il premier Mario Monti è oggi a Cagliari per la campagna elettorale della “sua” Lista Civica: alle 15.30 al Palazzo dei Congressi della fiera presenterà il programma, che anticipa in questa intervista, e i candidati sardi.
Presidente Monti, esiste nel suo programma un'Agenda Sardegna?
«Sì, è quella presentata bene a Sassari da Pierpaolo Vargiu e Mario Sechi, i nostri capilista alla Camera e al Senato. E' un primo contributo che punta a chiudere un pagina della storia sarda e ad aprire una nuova stagione».

Pierluigi Bersani (2013)

"Ecco cosa farò per la Sardegna"
da La Nuova Sardegna del 14 febbraio 2013
Pierluigi Bersani, sul tavolo del futuro governo ci sarà il fascicolo della Vertenza Sardegna, che ora è a un punto morto. Gli ultimi governi sono stati sordi, l'isola è tra le regioni più arretrate sotto il profilo economico e sociale. Cosa farà lei in caso di vittoria?
«Prima dico che la Sardegna non è tra le regioni più arretrate, non diamo un'immagine peggiore della realtà e mettiamo dei punti fermi».

Emanuele Sanna (con un ricordo di Massimo D'Alema)


Un leader della sinistra e della sanità pubblica

da La Nuova Sardegna del 2 ottobre 2012

La donazione degli organi, il suo ultimo gesto di solidarietà, è la sintesi perfetta della vita pubblica e privata di Emanuele Sanna: un politico subito diventato potente e autorevole che non ha mai perso di vista l’umile valore della coerenza tra parola e gesto. L’altra immagine emblematica della sua fine prematura a 69 anni è la camera ardente nel “suo” reparto di pediatria del “suo” Brotzu: a pensarci bene sarebbe stato riduttivo sia il prestigio del Consiglio regionale, dove pure è stato un grande presidente, sia la sede del partito in via Emilia, dove è stato dirigente di Pci, Pds, Ds e ora Pd; mentre quel reparto di quell’ospedale da lui aperto tra mille resistenze coniuga la missione della sanità pubblica con la passione-vocazione della politica che si fa concretezza e servizio.
Emanuele Sanna è morto ieri mattina dopo cinque giorni di ricovero in ospedale, di cui tre in coma irreversibile. La moglie Teresa e i quattro figli, che con molta compostezza hanno immediatamente autorizzato l’espianto, e i fratelli di Samugheo sono stati raggiunti da una processione di politici, medici, infermieri, giovani militanti, semplici amici. Un clima di profonda commozione raro per la scomparsa di un classico uomo delle istituzioni, severo, rigoroso, esigente, dal carattere forte e talvolta spigoloso, ma pronto a sciogliersi di fronte alle difficoltà altrui.

Massimo D'Alema (2013)

"Il Pd al governo rifarà le Intese con l'isola"
da la Nuova Sardegna del 29 gennaio 2013
La Vertenza Sardegna? «I ritardi sono stati provocati dal centrodestra, che non ha attuato e ha anzi bloccato le Intese Stato-Regione firmate dal mio governo nel 1999 e dal governo Prodi nel 2006 e nel 2007». Le priorità dell’isola? «Un governo nazionale più attento guidato dal Pd, che riprenda appunto quegli accordi, e una buona giunta regionale, di cui, da quando c’è Ugo Cappellacci, si sente davvero la mancanza». Massimo D’Alema, primo fra i big nazionali a partecipare alla campagna elettorale verso il voto del 24 e 25 febbraio, non si è limitato a lanciare con il consueto sarcasmo altre frecciate a Mario Monti e le consuete bordate a Silvio Berlusconi. O a spiegare la sfida, illustrata nel suo ultimo libro,tra la politica e l’antipolitica. O gli errori e i meriti del suo partito nel caso Monte Paschi di Siena.

Antonio Attili (2012)

"Continuità territoriale, la giunta ha fallito"
di Filippo Peretti
da La Nuova Sardegna del 15 aprile 2012
A luglio, se Cappellacci e Solinas continueranno a passare da un flop all'altro, i sardi potrebbero pagare 500-600 euro a testa per andare e tornare in aereo da Roma o Milano. A lanciare l'allarme è Antonio Attili, il "padre" della legge del 1998 sulla continuità territoriale.

Michele Columbu (2012)

La lunga marcia sardista del vecchio leader 
da La Nuova Sardegna 11 luglio 2012
Il Psd'Az e tutta la politica sarda sono in lutto: è morto Michele Columbu. Si è spento ieri notte all'ospedale, aveva 98 anni.

Renato Soru (2012)

"Il futuro non è fatto di cemento"
di Filippo Peretti
da La Nuova Sardegna 12 luglio 2012
Si riapre lo scontro politico sul Piano paesaggistico. Renato Soru, il padre del testo ancora in vigore, si scaglia con forza contro le "idee guida" consegnate martedì al Consiglio regionale dal suo successore, Ugo Cappellacci.

Giuseppe Pisanu (2013)

"Lascio sereno, ma l'esperienza è un merito" 
di Filippo Peretti
Sono nove i parlamentari sardi che non sono ricandidati alle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio. Tra di loro spicca Beppe Pisanu, il decano.

Antonello Soro (2012)

"Da legislatore a garante della Privacy>
di Filippo Peretti
da La Nuova Sardegna dell'8 giugno 2012
CAGLIARI. Antonello Soro, dopo diciotto anni di attività da deputato, è stato eletto mercoledì membro del Garante della Privacy. Il parlamentare nuorese ha svolto per tre volte la funzione di capogruppo e una volta, nel Pd, della principale forza politica del Paese. Ora comincia una nuova attività.

Salvatore Ghirra


All’età di 77 anni si è spenta la forte fibra di Salvatore Ghirra. Consigliere regionale del Pci dal 1957 al 1965 e segretario regionale del Pri dal 1981 al 1987, Ghirra è stato un protagonista vero della vita pubblica sarda. 
Carattere energico e deciso, sarà ricordato per le mille battaglie in cui ha fatto emergere doti oggi rare: passione politica, disinteresse personale, preparazione minuziosa, rigore intellettuale e morale. La notizia della sua scomparsa ha destato profondo cordoglio in quanti l'avevano conosciuto: i tanti amici ma anche gli avversari di un tempo.

Nino Giagu (raccontato da Arturo Parisi)


 SASSARI. Arturo Parisi rende omaggio a Nino Giagu. Un lungo raccoglimento nella camera mortuaria, poi l’affettuoso incontro con i familiari del senatore. Forse non te lo aspetti, ma il ministro è commosso e non fa nulla per nasconderlo. Anzi. «Nel momento in cui ci diciamo arrivederci, o addio, dipende dai punti di vista, la memoria - spiega - torna ai tempi della mia fanciullezza». Parisi ha voglia di parlare. Il suo è come uno sfogo.


Sergio Mattarella (1999)

"L'Intesa con la Sardegna verrà attuata"
Nuovo "no" del vice premier a Berlusconi: "Forza Italia è di destra"
da La Nuova Sardegna del 7 giugno 1999
di Filippo Peretti
Il vice premier Sergio Mattarella, uno degli uomini di punta del Ppi, ha partecipato a Cagliari a una manifestazione a sostegno del Centrosinistra e del candidato alla presidenza della Regione, Gian Mario Selis.

Emanuele Sanna (2002)

"Stiamo attenti al cesarismo
la riforma elettorale va fatta"
da La Nuova Sardegna, 25 novembre 2002
di Filippo Peretti
E' l'unico consigliere regionale di opposizione a presiedere una commissione: quella che deve fare la legge elettorale. E il diessino Emanuele Sanna, 59 anni di Samugheo, pediatra, al quale guardano con speranza i partiti minori che temono gli “appetiti” dei più grandi, dice che la riforma dovrà essere fatta, nonostante le resistenze nel Centrodestra.

Massimo Dadea (2010)

Tutti gli errori di Soru
di Filippo Peretti
La Nuova Sardegna, 07/01/2010

«L'ho scritto innanzitutto per me stesso, per una gratificazione personale. Lo scrivevo e non vedevo l'ora di vederlo stampato». Con il libro «La febbre del fare» Massimo Dadea, 59 anni, nuorese, medico, consigliere regionale dal 1984 al 1994 col Pci-Pds, assessore agli Affari generali nella giunta di Renato Soru dal 2004 sino alla sconfitta elettorale del febbraio 2009, ha aperto un dibattito politico che nel centrosinistra stentava a partire.

Giuseppe Mani (2012)

Il vescovo antipolitico che usa i politici

di Filippo Peretti

14 APRILE 2012
Giuseppe Mani, che oggi pomeriggio celebra il suo ultimo appuntamento sardo ordinando sette nuovi sacerdoti, sarà catalogato come un vescovo “politico” anche se nessun altro è stato più lontano di lui dalla politica. Questa contraddizione che ha segnato i suoi nove anni di permanenza a Cagliari, è esplosa in modo clamoroso il giorno della visita di Benedetto XVI.

Francesco Cossiga (2011, biografia)

Da notaio a picconatore, il grande politico che visse due volte
di Filippo Peretti
da La Nuova Sardegna
18 agosto 2010


Cinquantadue anni dentro le istituzioni politiche, dove ha bruciato tutte le tappe di una carriera fatta di record, di intuizioni coraggiose, di cultura raffinata e di freschi e moderni ideali, ma anche di grandi contraddizioni, di enigmatici colpi di scena e di misteri sapientemente protetti. Come forse nessun altro statista, Francesco Cossiga ha vissuto due vite apparentemente inconciliabili: la prima taciturna da rigoroso e vecchiaggiante gestore del potere, la seconda esplosiva da «picconatore» finalmente giovane e divertito, pronto ad abbattare ogni tabù.

Francesco Cossiga (2012), l'autonomista

di Filippo Peretti
da La Nuova Sardegna
18 agosto 2010

Figlio di un sardista e per parte di madre nipote dell’ideologo del Psd’Az Camillo Bellieni, il democristiano Francesco Cossiga ha trascorso tutta la carriera politica a Roma ma è sempre stato profondamente autonomista. Sin dagli esordi professionali: all’università di Sassari il suo primo insegnamento è stato di diritto costituzionale regionale. 

Giorgio La Spisa (2012)

"Attenzione, solo così l'industria ha un futuro"
di Filippo Peretti

da La Nuova Sardegna del 23 gennaio 2012

 CAGLIARI. La battaglia per salvare l'esistente (a iniziare da Alcoa) vanno combattute ma sapendo che per dare un futuro al settore industriale in Sardegna serve una svolta. E' il parere del vice presidente della Regione e assessore al Bilancio, Giorgio La Spisa (Pdl). Il quale denuncia le scelte sbagliate e gli sprechi. "Servono innovazione e cultura di impresa". Critiche al sindacato.

Giommaria Uggias (2009)

"I giovani sono i più europeisti"
La Nuova Sardegna del 4 giugno 2009
di Filippo Peretti
Unico candidato sardo dell’Italia dei Valori, Giommaria Uggias confida nell’elezione al Parlamento europeo. Non confermato a febbraio in Consiglio regionale pur essendo stato il più votato del  partito (scherzo del meccanismo elettorale), punta sull’annunciato exploit del movimento di Antonio Di Pietro: «Sappiamo unire opposizione e proposte».

Susanna CAMUSSO (2011)

«Il futuro è l’industria»
La Nuova Sardegna 11 marzo 2011
di Filippo Peretti
CAGLIARI. E’ stata più volte in Sardegna, ma oggi per Susanna Camusso è la prima volta da segretario generale della Cgil. Nella segreteria di Guglielmo Epifani era responsabile dell’industra, settore che ancora è al centro delle sue attenzioni.

Bruno Murgia (6-2011)


"Il Pdl non è mai nato"

Bruno Murgia (5-2011)

«Esperienza e cambiamento»

Renato Soru (2011)

«Più felice ora che nel 2004»

La vittoria di Zedda, la fine del berlusconismo,
gli inganni di Cappellacci. Le primarie sono la grande lezione che il Pd ha dato a tutta la politica, Sel non può dire di aver vinto da sola
(La Nuova Sardegna 5 giugno 2011)

Antonio Attili (2003)

«Aerei, grave il silenzio della Regione»

Federico Palomba (2011)

«Un premier corruttore morale»
Sono rimasto molto scosso da quanto ho letto:
emerge un quadro di abiezione etica indescrivibile
da La Nuova Sardegna del 14 febbraio 2011

Pietro Soddu (2011)

«Federalismo? No, un inganno»

«L’isola pagherà un prezzo doppio, serve una svolta, il Pd si fidi dei più giovani. Cappellacci non è causa ma effetto del declino, il Consiglio non sa cosa scegliere, non so perché la Chiesa appoggi il Cavaliere
La Nuova Sardegna del 6 febbraio 2011

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Pietrino Soddu lancia l’appello alla mobilitazione politica dei sardi contro il «finto federalismo» di Berlusconi e Bossi. In questa intervista l’ex presidente della Regione critica anche la giunta Cappellacci e il Consiglio regionale. E suggerisce una ricetta al Pd.

Antonello Cabras (2011)

«Pd in crisi di rappresentatività»
Il partito deve aprire una riflessione profonda
Il voto si rispetto, ora il candidato è Zedda
da La Nuova Sardegna del 3 febbraio 2011

CAGLIARI. Antonello Cabras, membro della commissione Esteri del Senato, è ancora a New York per un vertice dei parlamentari della Nato. E lì ha iniziato anche a riflettere sulla pesante sconfitta subita da lui e dal Pd alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato sindaco di Cagliari. A batterlo è stato il consigliere regionale vendoliano Massimo Zedda. Si apre un dibattito in vista della direzione di lunedì prossimo, che si annuncia burrascosa.

Arturo Parisi (2011)

da La Nuova Sardegna del 28 gennaio 2011




Parisi: «Ecco come fare primarie vere»

L’epoca di Prodi e del primo Vendola, le attuali indecisioni, le troppe idee di Pd



di Filippo Peretti



CAGLIARI. Domenica a Cagliari primarie del centrosinistra per la scelta del candidato sindaco. In gara cinque candidati: Antonello Cabras (Pd), Massimo Zedda (Sel), Giuseppe Andreozzi (Rossomori), Tiziana Frongia (Verdi) e l’indipendente Filippo Petrucci. E’ una fase delicata per le primarie per via dei troppi casi discussi im varie parti d’Italia. E delle primarie parliamo con oò deputato Arturo Parisi, l’inventore dell’Ulivo, che dice: «Servono primarie regolari ma soprattutto vere».

Maddalena Calia (2010)

dalla Nuova Sardegna del 4 dicembre 2010

«Ecco perché ora scelgo Fini»

L’errore di Berlusconi? «Ha scelto gente in malafede». Cappellacci? «Inesperto»

di Filippo Peretti
CAGLIARI. Sarà Adolfo Urso, il coordinatore nazionale, a ufficializzare lunedì a Cagliari il passaggio di Maddalena Calia dal Pdl a Fli. In questa intervista la Calia spiega le ragioni della scelta, ringrazia i consiglieri regionali Ignazio Artizzu e Matteo Sanna e dice: «Fini mi ha accolto bene. farò parte della costituente del partito».

Matteo Sanna (2010)

da La Nuova Sardegna dell’8 ottobre 2010

«D’istinto sarei già andato via»
J’accuse di Matteo Sanna sulla nascita della giunta «Legislatura ancora al palo, serve un chiarimento su tutto»

di Filippo Peretti

— Matteo Sanna, è vero che passa dal Pdl a Fli?
«Vuole le verità?».

Arturo Parisi (2001)

«Con l’Ulivo l’Italia cresce insieme ai cittadini»

da La Nuova Sardegna del 5 maggio 2001

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Arturo Parisi, leader nazionale dei Democratici, è il capolista della Margherita in Sardegna, che, oltre all’Asinello, comprende Ppi, Rinnovamento e Udeur. Con l’intervista all’ideatore dell’Ulivo prosegue il nostro viaggio tra le liste della quota proporzionale della Camera.

— Onorevole Parisi, questo sorpasso c’è davvero?
«Dopo mesi di avvicinamento, come ha detto Rutelli, abbiamo messo la freccia. Sì, è possibile, siamo vicini».

— Vi affidate ai sondaggi?
«No, lo percepiamo tra gli elettori, che stanno riflettendo sulla più grande bugia di queste elezioni: il programma di Berlusconi».

— Quale bugia?
«Aveva detto che il nostro era copiato dal suo. Ma poi si è scoperto che il suo non c’è ancora, ci sono solo gli slogan dei manifesti. Il nostro è invece reperibile in libreria: come avremmo fatto a copiarlo?».

— Qual è la ragione del recupero dell’Ulivo?
«Innanzitutto la maggiore credibilità delle proposte. E poi ci sta aiutando Berlusconi: si avverte una crescente preoccupazione che si sta trasformando in mobilitazione. Chi nelle ultime elezioni si era astenuto, stavolta vuole votare perchè si rende conto del rischio grande in cui va incontro l’Italia in caso di vittoria del Polo, innanzitutto per l’anomalia del suo capo. Lo dice con chiarezza anche la stampa estera».

— Berlusconi è stato però difeso da Agnelli.
«Non è così. Agnelli ha posto un problema comprensibile e che cioè non c’è bisogno della stampa estera per scoprire l’anomalia del Cavaliere. Che ci costringe purtroppo a difendere l’Italia dall’essere lo zimbello di tutti».

— Il Polo dice però che attaccate Berlusconi per non parlare del programma.
«Siamo noi che avremmo voluto discutere del programma, ma quello di Berlusconi non esiste. Agli italiani ha mandato il fotoromanzo della sua vita. E’ lui che ha cambiato argomento: anzichè del programma si è proposto come modello di vita, che per noi è inaccettabile».

— Perchè?
«Per ragioni etiche, culturali, direi antropologiche. Con la menzogna egli celebra vizi facendoli passare per virtù: l’esibizione della ricchezza conquistata a tutti i costi, il rivolgersi alle classi più deboli con la promessa populista e paternalistica che ci penserà lui a garantire gli aiuti, il suo parlare con il pronome «io» sempre più invadente, l’indisponibilità al confronto democratico, che è invece un diritto non solo per Rutelli ma soprattutto per gli elettori che devono decidere».

— Quale modello contrapponete?
«Quello di rinnovare l’Italia”insieme” ai cittadini. Nel segno della solidarietà, della valorizzazione delle risorse umane, della partecipazione alla vita sociale. Lo diciamo soprattutto ai giovani, la grande ricchezza del Paese».

— La posta in gioco è solo la sfida al modello Berlusconi?
«C’è quella, ma c’è soprattutto - ed è intrecciata con la prima - la tenuta del progetto europeo che il Centrosinistra ha costruito, realizzato e riproposto. Per valutare i risultati del Centrosinistra al governo bisogna ricordare che l’Italia nel 1996 era sull’orlo del baratro. Dato il clima di sfiducia, lo Stato faceva faticare a vendere persino i Bot trimestrali. Si fa presto a dimenticare. Oggi i cittadini possono fare mutui al 4-5 per cento e l’Italia è pienamente inserita in Europa. Con un governo del Polo non saremmo entrati in Europa, l’Italia sarebbe divisa in due, il Sud sarebbe stato abbandonato a se stesso».

— Il Centrodestra accusa il governo del Centrosinistra di aver abbandonato la Sardegna.
«Propaganda di basso profilo. In questi cinque anni l’isola ha fatto grandi progressi: dall’aumento del prodotto interno lordo a quello dell’occupazione. E con le iniziative del Centrosinistra per la continuità territoriale, per il potenziamento dei porti e degli aeroporti, per il metano la Sardegna è stata inserita a pieno titolo nel programma nazionale sull’integrazione del Paese nel mondo, dato che la questione dell’insularità è stata assunta proprio come cardine di ogni iniziativa. Lo dimostra l’Intesa istituzionale. Noi rispondiamo con i fatti. Loro invece...».

— Parla del Centrodestra sardo?
«Quello che sta succedendo ci dispiace come sardi, ma non ci sorprende. Abbiamo avuto parole dure per il modo in cui si è formata questa maggioranza e per come opera. L’ultima perla è l’annuncio dei concorsi regionali prima delle elezioni. La Sardegna ha bisogno più di altri di stabilità - e avevamo proposto la giunta delle regole - e di integrazione nel mondo. Se la Lombardia si chiude in se stessa è un danno per i lombardi, se lo fa la Sardegna, è un disastro».

— L’esclusione di un candidato sardo del Ppi nella Margherita ha provocato polemiche e strappi. Ci saranno conseguenze?
«I rapporti sono stati ristabiliti e devo riconoscere la sensibilità e la responsabilità di tutti gli esponenti del Ppi a continuare a riconoscersi nella coalizione. E’ una cosa importante da parte di chi ha espreso perplessità e disagi, che comprendo, a partire da quelli emersi nella mia Sassari. E mi ha fatto piacere vedere i dirigenti popolari sardi con Rutelli».

— Lo scontro era inevitabile?
«I tempi della formazione della Margherita sono stati rapidi e in Sardegna non hanno consentito la nascita di un organo dirigente. Le candidature sono così tornate a essere un fatto di partito, mentre la Margherita ha un orizzonte più ampio. Sono stato candidato proprio per rappresentare quell’anima dell’Ulivo che si riconosce in Prodi e Rutelli, una componente che ha una posizione paritaria con le altre aree dell’Ulivo».

Antonello Cabras (4-2007)

«Sul leader decideremo tutti insieme»

da La Nuova Sardegna del 18 aprile 2007


di Filippo Peretti

CAGLIARI. Dopo aver proposto la ricandidatura di Renato Soru per le elezioni regionali del 2009, il leader indiscusso dei Ds sardi, Antonello Cabras, ha ora un’altra preoccupazione: evitare un incidente con la «fredda» Margherita di Paolo Fadda proprio alla vigilia del doppio «sì» nazionale al Partito democratico. Negando qualsiasi polemica, Cabras spiega in questa intervista che i Ds «hanno un orientamento preciso, come è emerso al congresso, ma non hanno deciso nulla» e che «si deciderà, proprio come dice Fadda, tutti insieme». E i contrasti con la Margherita? «Non sono di merito».

— Antonello Cabras, la Margherita ha preso le distanze con Paolo Fadda dalla ricandidatura di Renato Soru che lei ha lanciato al congresso regionale dei Ds. E’ uno stop?
«Non vorrei che si volesse montare una polemica inesistente».

— Come inesistente?
«Non c’è niente: i Ds non hanno deciso nulla, io non ho notato differenze tra noi e la Margherita e sulla questione di metodo sono persino d’accordo con Fadda».

— Solo che il caso è esploso proprio per le sue parole.
«Guardi, noi abbiamo discusso molto della situazione regionale per le tensioni dei giorni precedenti. Giulio Calvisi ha messo l’argomento al primo punto della relazione. Il congresso ha sentito tutti, anche Soru. Chiamato a concludere, ho registrato che il sentimento non era certo quello di cambiare presidente».

— Per rilanciare la candidatura lei ha fatto notare gli applausi e l’attenzione che era stata riservata poco prima a Soru. Anziché con le primarie, deciderete per acclamazione?
«Chiarito che non vogliamo imporre niente a nessuno, concordo con Fadda che il tema deve essere discusso nel futuro Partito democratico dai futuri dirigenti. Ciascuno andrà alla discussione con la propria idea».

— Ma la vostra è già precisa.
«Per noi Soru sta facendo bene e va confermato. Del resto i presidenti al primo incarico vengono sempre ricandidati quando il giudizio è positivo».

— Date per scontato che Soru sarà riproposto?
«Se alla fine della legislatura il giudizio è positivo e qualcuno ritiene che il presidente sia da cambiare, lo spieghi prima agli alleati e poi ai sardi».

— Questa discussione può essere una mina per il Partito democratico?
«Non vedo alcuna mina, solo due partiti che stanno lavorando solo per quell’obiettivo».

— Deciderete tutto all’unanimità?
«Il Pd sarà un partito grande e plurale, un contenitore di punti di vista diversi. Non si può pensare che sia partito monolitico. Concordo con Fadda: se noi avessimo già deciso qualcosa non sarebbe un buon inizio».

— Il Centrosinistra si dividerà sul leader come prima delle elezioni del 2004?
«Penso proprio di no».

— In caso di disaccordo ci sarebbero le primarie?
«Le abbiamo sperimentate positivamente. Anche se una verifica sul presidente uscente non sarebbe una cosa bellissima. E sarei curioso di sapere chi nel Centrosinistra si candiderebbe contro Soru».

— Nei Ds il problema è risolto?
«Il congresso è stato molto chiaro. Dobbiamo invece concentrarci sulle tante cose che restano da fare. Due anni sono molti, anche per l’umore degli elettori».

— Come si spiega il diverso giudizio della Margherita?
«Sia al suo congresso sia al nostro, Fadda non ha dato giudizio diverso sull’operato della giunta».

— Ma l’accoglienza riservata al presidente e lo stesso atteggiamento del presidente sono stati molto differenti: calore con voi, gelo con la Margherita.
«Evidentemente la Margherita, in sintonia con i suoi consiglieri regionali, considera più rilevanti alcuni problemi che io non nego che ci siano. Mentre noi, tranne un umore nel gruppo consiliare, valutiamo che non siano tali da indurci a dare un giudizio negativo».

— Il problema dell’uomo solo al comando?
«L’unico tema che ho trovato rilevante nei giudizi differenti è il rapporto con le parti sociali. Con toni diversi, ma tutti dicono la stessa cosa: non è soddisfacente il modo con cui si è fatta la concertazione».

— La soluzione?
«Lo stesso presidente ha affrontato l’argomento. Soru dice: anzichè criticare si mettano in campo proposte per arrivare a una sintesi. E’ un punto politico importante su cui sviluppare un confronto».

— C’è un eccesso nel Soru super-governatore?
«Ma non si può fare una critica se un presidente eletto direttamente dai cittadini si comporta diversamente dai precedenti eletti dal consiglio regionale. Le funzioni sono diverse. La mia impressione è che l’elezione diretta non sia entrata bene nella cultura politica regionale. C’è nostalgia dei vecchi poteri del consiglio regionale».

— Lei ha proposto, tempo fa, l’elezione disgiunta. L’idea è sempre valida?
«Sì. Non si poteva fare con la legge statutaria, si potrà fare con la riforma dello Statuto».

— Quale il vantaggio dell’elezione disgiunta?
«Le funzioni del presidente della giunta sarebbero separate da quelle del consiglio regionale. Con il presidenzialismo puro si risolverebbero tutti gli equivoci. I due poteri, quello esecutivo e quello legislativo, sarebbero obbligati a convivere, con regole certe».

— Come giudica il fatto che la Cdl, da sempre presidenzialista, contesti oggi Soru sul presidenzialismo?
«E’ una malattia italiana non riuscire a separare la funzione dalla persona».

— Cioé la Cdl vuole attenuare il presidenzialismo per contestare Soru?
«Esatto. Ma in questo gioco, per la verità, ci siamo cascati anche noi».

— Con Berlusconi?
«Esatto. Quando la Cdl ha fatto la riforma della Costituzione noi abbiamo contestato alcune scelte, come il potere del premier sui ministri, che oggi stiamo riproponendo».

— Si assolve per quell’atteggiamento?
«In parte sì. Eravamo condizionati».

— Da che cosa?
«Veder cambiare la Costituzione da quella maggioranza e con Berlusconi ti tremano le vene ai polsi».

Giuseppe Pisanu (2001)

«L’Ulivo ha fallito, noi daremo lo sviluppo,
Floris resti, ma il programma va aggiornato»

da La Nuova Sardegna del 9 maggio 2001

di Filippo Peretti
CAGLIARI. Beppe Pisanu, per la terza volta capolista di Forza Italia, si appresta ad essere eletto deputato per l’ottava volta: entrò a Montecitorio con la Dc nel lontano 1972 e ha conosciuto una sola pausa, nella legislatura tra il 1992 e il 1994, per poi rilanciarsi come uno dei più influenti collaboratori di Silvio Berlusconi, sino a diventare capogruppo. Il nostro viaggio tra le liste della quota proporzionale prosegue oggi con questa intervista in cui Pisanu conferma il giudizio negativo sui governi di Centrosinistra e si mostra cauto sulla verifica che si aprirà dopo il voto alla Regione.

Antonello Cabras (2001)

«Un governo Polo-Lega è dannoso per l’isola,
alla Regione sarà crisi del Centrodestra»

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Antonello Cabras, segretario e capolista dei Ds nella quota proporzionale della Camera, ha fatto parte dei governi Prodi e D’Alema come sottosegretario e rivendica con forza i meriti del Centrosinistra, anche per la Sardegna. E denuncia il «pericolo» di un governo del Polo con la Lega. Presidente della Regione dal 1991 al 1994 (realizzò per la prima volta il «governissimo» con Dc e Pds anticipando l’Ulivo), prevede che subito dopo le elezioni ci sarà la crisi della giunta di Mario Floris. Con questa intervista si chiude il nostro viaggio tra le liste del proporzionale.

Enrico Letta (2010)

Letta: «Meglio votare subito pure nell’isola»

da La Nuova Sardegna dell'1 ottobre 2010

Il vice segretario del Pd: «Centrodestra al capolinea dappertutto»
«Cappellacci è privo di autorevolezza, non riuscirà a riprendersi»

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Reduce dalla seduta della Camera sulla fiducia a Berlusconi, il vice segretario nazionale del Pd, Enrico Letta, ha toccato con mano a Cagliari quanto la politica sia precaria anche qui: proprio ieri pomeriggio Ugo Cappellacci ha azzerato la giunta dopo uno scontro con Psd’Az e Riformatori sulla verifica politica e programmatica. Letta, nelle stesse ore, partecipava alla presentazione del suo ultimo libro («L’Europa è finita?») scritto con Lucio Caracciolo. Al dibattito c’era anche Renato Soru.

Giuliano Amato (2010)

«Sovranità? Idea incompatibile»

Il ricordo del «no» del governo Prodi
alla legge sarda del 2006
e il ricorso alla Corte costituzionale,
la crisi della nazione, il prevalere
della politica fatta solo di presente

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Giuliano Amato non viene colto di sorpresa e boccia subito, senza riserve, l’idea della «sovranità del popolo sardo» contenuta in alcune mozioni discusse dal Consiglio regionale nella sessione sulla riforma dello Statuto. E ricorda che, lui ministro dell’Interno, fu il governo Prodi, nel 2006, a dire il primo «no».

Matteo Sanna (2010)

«D’istinto sarei già andato via»
da La Nuova Sardegna dell'8 ottobre 2010

J’accuse sulla nascita della nuova
giunta di Ugo Cappellacci
«Legislatura ancora al palo,
serve un chiarimento su tutto»,
dice il consigliere del Pdl

— Matteo Sanna, è vero che passa dal Pdl a Fli?
«Vuole le verità?».

— Certo.
«Sono altri, con atteggiamenti e scelte, a volerci spingere fuori».

— Con le scelte sulla giunta?
«Il gruppo del Pdl aveva dato indicazioni chiare: rappresentanza territoriale e consenso elettorale. Niente».

— Perché?
«Ci sono altre logiche, scelte calate dall’alto, da tavoli non regionali».

— Lei voleva entrare in giunta?
«Io sto bene anche dove sono, chiedevo quello che è giusto: che la Gallura fosse rappresentata».

— Davvero voterà contro la giunta?
«Di sicuro se non farà gli interessi della Gallura».

— Eravate contrari ai tecnici. Perché?
«Io li rispetto e li stimo, ma non sono tecnici, sono esterni, avulsi dalla politica. Da sindaco e presidente di commissione, con molti di loro ho avuto difficoltà a rapportarmi sui problemi».

— Ripartiamo dall’inizio. Lascia il Pdl?
«D’istinto, a caldo, sarei andato via l’altra sera».

— E ora?
«Abbiamo aperto una riflessione su tante cose».

— Con chi?
«Con alcuni colleghi, anch’essi delusi dai metodi».

— Cosa farete?
«Ci auguriamo, e lavoriamo per questo, che ci sia un’inversione di marcia. Siamo ancora in tempo».

— Mettete sotto accusa il partito?
«No. Con Mariano Delogu e Claudia Lombardo abbiamo vinto le elezioni».

— Ha paura che al loro posto vengano nominato Settimo Nizzi, suo avversario?
«Io non ho paura di nessuno perché ho consenso popolare. Ma non cambierei».

— Allora lei critica il capogruppo?
«Mario Diana pensa più al suo territorio oristanese che a guidare il gruppo. Lo capisco, ma non può fare l’asso pigliatutto».

— Perché dice che vi vogliono spingere fuori?
«Chi ha consenso è malvisto, vogliono yesmen».

— E voi su che cosa protestate?
«Sul fatto che in questa legislatura non s’è visto alcun cambiamento. Dovevamo modificare tutto e non è emersa ancora un’idea. Neanche quella più facile».

— Qual è?
«Correggere gli errori della giunta Soru. Ce ne sono tanti. Ma almeno Soru aveva un progetto».

— Cosa fa, rimpiange il”nemico”?
«No, l’ho combattuto e talvolta alzando anche troppo i toni, ma Soru aveva il coraggio delle sue idee. Dobbiamo essere capaci di fare meglio e di dimostrare di avere in concreto un progetto per la Sardegna».

— Comodo però limitarsi a protestare.
«Io la settimana prossimo presenterà la proposta di legge urbanistica. Ci abbiamo lavorato sodo in commissione. Poi si vedrà chi vuole cambiare e chi no. Come nella sanità: solo commissariamenti. O nei trasporti e nella cultura: neanche un piano».

— Quando finirà la vostra riflessione?
«Martedì ci sarà la riunione del gruppo. Spero in un chiarimento definitivo».

— Sarà una riflessione o una battaglia?
«Forse la prima, di sicuro la seconda».

Pierluigi Bersani (2010)

"La riscossa è già partita dalla Sardegna"

Cautela su Veltroni ma richiami all’unità,
duro attacco a Berlusconi e Cappellacci
«Noi siamo un partito che discute,
le risse sono altra cosa»

di Filippo Peretti

CAGLIARI. «Prima o poi le elezioni anticipate ci saranno a causa dei fallimenti di Berlusconi e Cappellacci. Noi siamo pronti, a Roma come a Cagliari, e la nostra riscossa è partita proprio alle provinciali sarde». Un Pierluigi Bersani durissimo col centrodestra ha partecipato ieri alla giornata più affollata della festa democratica. Il segretario ha usato toni soft sui temi caldi del Pd ma pretendendo «rispetto sulla linea politica». Ed è stato intervistato dai giornalisti in una conferenza stampa.

— Bersani, perché in Sardegna la vostra festa nazionale degli enti locali?
«Le elezioni provinciali sarde, che sono state l’ultimo sondaggio fatto in Italia con voti veri, hanno detto che siamo in condizioni di realizzare la riscossa. Abbiamo la forza di ribaltare i pronistici. L’anno prossimo si voterà anche al Comune di Cagliari. Aspettatevi sorprese».

— Giustificherebbe un’alleanza con i centristi moderati?
«Io sono al servizio del Pd sardo, che ha un buon manico. Sono loro a decidere. Sul piano generale siamo interessati a non chiuderci in casa. Vogliamo provocare un risveglio civico, coinvolgere personalità in grado di dare una mano. Le alleanze si vedranno, senza pregiudizi».

— Neanche con Fini? Riuscirà a convincere tutto il Pd sull’alleanza con l’ex delfino di Almirante?
«Non ho bisogno di convincere nessuno perché la nostra linea di governo c’è già: il nuovo Ulivo. Sulle regole per la democrazia, per la giustizia uguale per tutti, sulla riforma della legge elettorale siamo pronti a discutere anche con Fini e i finiani. Vedremo se sono coerenti con le cose che hanno detto».

— Come giudica la situazione politica sarda?
«Molto critica. Come dice Silvio Lai, è unacrisi latente. E non può essere altrimenti».

— Perché?
«C’è un parallelismo con il caso nazionale: il centrodestra è capace di raccogliere consenso attorno a un capo che promette ma poi non riesce a governare. La crisi del berlusconismo sta proprio nella distanza stellare tra parole e fatti. E c’è pure dell’altro».

— Che cosa?
«L’ombra del capo apre a contraddizioni, comportamenti scorretti, persino al malaffare. E’ la politica dell’amico dell’amico, del business, delle leggi ad hoc. Non regge più, ma avverto: attenti ai colpi di coda».

— Cappellacci dice con con la verifica e il rimpasto alla Regione ci sarà un rilancio.
«Lo escludo. In politica i ritocchi, i cerotti, non servono. Come per Berlusconi: se uno non sa governare, lasci spazio ad altri».

— La Marcegaglia ha detto che in Parlamento non c’è più maggioranza.
«Spero che quella della Marcegaglia non sia una felice battuta ma una presa d’atto. Sarebbe la benvenuta».

— In ritardo?
«Sin qui non è stato solo il governo a negare la crisi. Negli ultimi due anni l’Italia ha perso il doppio della ricchezza rispetto agli altri e non era solo il governo a dire che stavamo meglio degli altri».

— Per colpa dell’assenza del ministro dello Sviluppo economico?
«Non che quando c’era..., ma questo caso dimostra il disinteresse verso i problemi reali. Il premier, ministro a interim, è andato il primo giorno a salutare il personale e poi in quattro mesi neanche una telefonata. Non che io intercetti, ma quel ministero un po’ lo conosco. E sapete qual è la cosa più grave».

— Quale?
«E’ che quel ministero di fatto non esiste più. L’aveva pensato Prodi come seconda gamba, al pari di quella delle Finanze, per sostenere lo sviluppo economico attraverso l’innovazione e la ricerca. E’ il modello tedesco e la ripresa della Germania si regge proprio su questo».

— Veniamo al Pd. C’è chi parla di rottamare tutti i dirigenti.
«La mia segreteria è fatta di quarantenni, il 62 per cento dei nostri diecimila amministratori locali ha tra i trenta e i quarant’anni, l’età che avranno i segretari che saranno eletti tra poco da 83 congressi provinciali».

— E la sua generazione?
«Siamo qui con il compito di far girare la ruota, di consegnare il partito, nato da culture diverse, a chi ci sta crescendo».

— Ma in tv ci vanno solo i big.
«La televisione non scommette sui giovani, e sbaglia, prende l’usato sicuro. Ma non vale solo per noi. Io manderei volentieri i nostri bravissimi dirigenti più giovani».

— Come funziona la selezione dei dirigenti?
«Io voglio premiare il merito, ma anche il rapporto di affetto e di servizio con la ditta, oltre che la capacità di usare toni giusti e di rispettare chi ci ha consentito di arrivare sin qui».

— E’ riesplosa, anche da voi, la questione femminile.
«La conferenza programmatica delle donne rilancerà la scelta transitoria delle quote rosa, non solo in politica ma anche nei consigli di amministrazione degli enti pubblici».

— Lei parteciperà alle primarie di coalizione?
«Se serve ci sono. Sono al servizio della ditta».

— Anche Veltroni è un usato sicuro che dovrà farsi da parte?
«In un collettivo si è tutti utili, ma, attenzione, in un partito democratico come il nostro si possono avere visioni diverse, si deve discutere senza temere, come altrove, di essere bastonati dal padrone, ma poi segue la linea».

— Teme che Veltroni possa provocare la scissione?
«Non esiste».

— Ci saranno le elezioni anticipate?
«Prima o poi sì. E’ difficile andare avanti così per altri tre anni».

— Berlusconi dice che le temete.
«Noi siamo pronti, sono loro che le hanno tirate fuori e poi rimesse in tasca. Ma sia chiaro che se ci saranno avranno un padre e una madre, cioè Berlusconi e la crisi del centrodestra».

— E il governo di transizione?
«Confermiamo la nostra disponibilità».

— Perché tanti scontri nel Pd?
«Negli altri partiti italiani ci sono leadership personali e non si discute. E vengono criticati per questo. Noi discutiamo da democratici e ci accusano di fare risse».

— Risse o no, ma gli scontri ci sono.
«Appena il 5 per cento del nostro tempo è occupato dalle questioni interne. Però sui giornali non si parla d’altro».

— La Lega vi ha sorpassato nel radicamento?
«A noi la Lega ci fa un baffo. Abbiamo fatto oltre duemila feste del Pd, abbiamo diecimila amministratori locali, dappertutto nascono nuovi circoli».

— Cosa pensa della campagna acquisti in Parlamento?
«Spero che quella del Milan dia risultati migliori. Certo, lo scandalo è che ormai le compravendite non facciano più scandalo, che se ne parli come se fosse una cosa normale».

— A Cagliari ha incontrato i precari della scuola e i lavoratori di E Polis. Perché questa scelta?
«Con la scuola il centrodestra ha combinato un disastro cosmico per il presente e il futuro del Paese. Sull’informazione c’è un’emergenza nazionale che è anche un’emergenza democratica».

Antonello Cabras (2010)

"Autonomia aggredita"
Da La Nuova Sardegna del 25 giugno 2010
Oggi a Sassari convegno sulle riforme
“Con Renato Soru negli ultimi mesi abbiamo avuto
tante occasioni di dialogo e convergenze”

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Oggi a Sassari (aula magna dell’università) si discute dell’autonomia speciale in rapporto al federalismo. Nel convegno organizzato dal Centro studi Paolo Dettori, di mattina, dalle 9.30, sono in programma le relazioni dei costituzionalisti, di pomeriggio, dalle 15.30, gli interventi sugli scenari politici. Una di queste relazioni sarà svolta dal senatore del Pd, Antonello Cabras, presidente della Regione dal 2001 al 2004.

Antonello Cabras, qual è il suo giudizio sullo stato dell’autonomia speciale oggi?
«E’ abbastanza aggredita da varie parti, innanzitutto in sede nazionale, ma anche in sede regionale».

Come difenderla?
«La maniera migliore è governarla bene. Invece i comportamenti degli attuali governanti della Regione la stanno mettendo a dura prova».

C’è chi, considerandole ormai anacronistiche, vuole abolire le specialità. Come rispondere?
«Sono obiezioni non nuove. Bisogna sapere dimostrare che la specialità è attuale ma contemporaneamente bisogna ripensarla».

Le condizioni dal 1948 sono cambiate. Come ripensarla?
«Il terreno è diverso, ora occorre rafforzare la sovranità della Regione nel rapporto con lo Stato centrale. Ci sono cose che sappiamo o possiamo fare meglio».

A proposito di sovranità. Il Psd’Az ha proposto un confronto sull’indipendentismo. Come rispondere?
«Dico sì a un confronto istituzionale. Le grandi riforme, come quella dello Statuto, vanno discusse tutti assieme».

Il suo partito, il Pd, e l’intero centrosinistra hanno risposto di no, dicendo che per dialogare è necessario che i sardisti escano dalla maggioranza di centrodestra.
«Io penso che le questioni istituzionali debbano essere distinte dai programmi e dagli assetti di governo».

Quindi non sarebbe un inciucio.
«Tenendo separate le questioni istituzionali da quelle di governo non si può essere sospettati di volere chissà che cosa».

E il rapporto con il Psd’Az?
«Certo sarebbe assurdo che trovando convergenze forti sullo Statuto non si parli di questioni politiche. Sono cose che aiutano a compiere passi successivi».

Qual è il suo giudizio sulle ultime elezioni amministrative?
«Sono molto contento che il centrosinistra abbia mantenuto le posizioni, tranne che in Gallura, dove però nessuno scommetteva. Ma non posso non vedere l’incrementarsi dell’astensionismo».

E’ a un livello preoccupante?
«Quello del secondo turno è al livello di guardia».

Il presidente della Regione dice che la causa principale è la disaffezione dei sardi per le Province.
«Non è così. Il voto provinciale ha sempre attratto di meno, storicamente. Quello che allarma è il trend negativo: il calo è ormai costante e si sta dilatando».

Che fare?
«Bisogna riflettere bene sul rapporto tra i cittadini, la politica e le istituzioni. In gioco c’è la vita democratica. Serve l’impegno di tutti».

Al convegno di Sassari sul federalismo lei si confronterà anche con Renato Soru, come qualche mese fa a Cagliari. Siete stati i protagonisti dello scontro alle primarie del Pd, nel 2007, che hanno poi condizionato tutta la fase successiva. Qual è oggi il vostro rapporto?
«Dentro il Pd il rapporto si sviluppa su opinioni di merito. Nell’ultimo periodo abbiamo avuto numerose occasioni di dialogo e abbiamo registrato convergenze».

C’è chi vede in questo dialogo un vostro riavvicinamento su questioni politiche.
«Non c’è e non c’è mai stata in questi confronti una sorta di pre-trattativa».

Quali convergenze avete registrato?
«Nell’analisi del rapporto tra Stato e Regione, su cambiare autonomia, sul contenzioso per le risorse finanziarie, sulla qualificazione dei poteri della Regione».

E sul piano più strettamente politico?
«Ho visto che per i ballottaggi Soru si è impegnato per far vincere il centrosinistra, anche a Nuoro, che era la posizione più delicata».

Lei nel Pd sardo sostiene Silvio Lai, Soru no. E’ per caso alle porte un cambio di maggioranza interna?
«No. Il segretario regionale è uscito dalle elezioni confortato sulla linea politica del rapporto con gli alleati. Senza il rilancio della coalizione si sarebbe perso in diverse parti. Con la matematica non si scherza. Quindi non serve discutere di assetti, il segretario sta sviluppando con tutto il centrosinistra un approfondimento programmatico per costruire un’alternativa forte al centrodestra».

E nel partito?
«La linea è quella del pluralismo, che garantisce rapporti sereni. Gli avversari sono altrove, non dentro».

Dopo la vittoria alle Provinciali, il centrosinistra ha lanciato la sfida per il Comune di Cagliari, da sempre governato dal centrodestra.
«Giusto. Una debacle del centrodestra anche a Cagliari potrebbe favorire e addirittura anticipare cambiamenti alla Regione».

Ugo Cappellacci (2010)

"Così rilancerò giunta e coalizione"
da La Nuova Sardegna del 20 giugno 2010

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Tre ricette di Ugo Cappellacci per reagire alla batosta del centrodestra alle elezioni: rilanciare giunta e coalizione con la verifica e il rimpasto, contribuire alla pace nel Pdl, sfidare «sino allo scontro» il governo Berlusconi. In questa intervista il governatore, che sull’inchiesta-eolico si dice tranquillo, annuncia: «Mi assumo le responsabilità di leader politico dell’alleanza».

Massimo D’Alema (2010)

«La svolta politica può ripartire dall’isola»


da La Nuova Sardegna del 29 maggio 2010«Paese governato da un comitato d’affari,
Cappellacci è subalterno a interessi nazionali,
sull’indagine sia più chiaro di Scajola»

di Filippo Peretti

CAGLIARI. «C’ero anche cinque anni fa e abbiamo vinto contro il pronostico. Mi hanno richiamato forse perché pensano che porti fortuna». Massimo D’Alema ha chiuso ieri sera la campagna elettorale del Pd affiancato dal segretario regionale Silvio Lai e dal candidato alla presidenza della Provincia Graziano Milia. Durissimo attacco a Berlusconi e alla «cricca» degli affari e a Ugo Cappellacci «presidente subalterno». E un auspicio: «Dalla Sardegna, le cui elezioni regionali provocarono la crisi del Pd, questo voto può segnare un’inversione di tendenza nazionale». Nella prospettiva del voto di domani e lunedì (otto Province e 176 Comuni), D’Alema ha risposto alle domande di diversi giornalisti, ha parlato a Sestu e al teatro Alfieri a Cagliari, dove ha incontrato i lavoratori del call center Video on line 2 (rischio di 480 licenziamenti) impegnandosi a parlarne con Telecom «per capire cosa si può fare».

— D’Alema, queste elezioni sono un test politico non solo per la Sardegna?
«E’ un voto amministrativo, i cittadini devono eleggere presidenti e sindaci, ma certo ha un significato politico. Confidiamo che segni una inversione di tendenza non solo nell’isola».

— Peserà la crisi economica?
«La Sardegna è una delle regioni più investite dalla crisi per totale assenza del governo, che non ha fatto nulla per l’isola. Doveva essere un governo amico e generoso, invece è la Sardegna che è stata chiamata a dare».

Cosa pensa di una campagna elettorale fatta più di beghe che di programmi?
«Altro che beghe L’impressione è che il Paese sia governato da un comitato d’affari, che si preoccupa di interessi particolari e non di quelli generali. Portando il Paese in una situazione difficile. Anche per questo occorre impedire che in Sardegna si rafforzi un gruppo di potere che cura interessi particolari».

— Peserà la manovra del governo?
«La destra ha scoperto la crisi dopo due anni. Dicevano che eravamo catastrofisti. Ora si muovono ma il conto da pagare è molto più alto, è diventato enorme».

— Berlusconi promette che non metterà le mani nelle tasche degli italiani.
«Bugia e cinismo senza misura. Secondo gli ultimi calcoli la manovra costerà 400 euro a famiglia».

— Scontro inevitabile o il dialogo è possibile?
«Non è facile aiutare Berlusconi. Dovrebbe fare autocritica e continua a dire che la crisi è colpa nostra. Noi siamo responsabili, ma chiediamo che la riforma cambi e poniamo due condizioni».

— Quali condizioni?
«La prima è l’equità. In un momento difficile ciascuno deve dare secondo le proprie possibilità. E invece qui si colpiscono solo i deboli, ci si accanisce sui dipendenti pubblici e non si toccano i ricchi e i patrimoni».

— La seconda?
«La manovra deve orientarsi anche per la crescita e l’occupazione. Con solo tagli un’economia muore».

— Favorevole allo sciopero di Cgil?
«Noi facciamo opposizione nel Parlamento e nel Paese. Se lo sciopero riesce saremo più forti in Parlamento».

— Allarme per gli enti locali?
«E’ Formigoni, che non è né un comunista né un oppositore del governo, a dire che questa manovra uccide il federalismo».

— C’è ancora spazio per le Regioni speciali?
«Dentro un progetto federalista occorrerà fare una riflessione, ma le ragioni della specialità non sono venute meno, soprattutto in Sardegna e in Sicilia per via dell’insularità. Quel che è certo è che questo governo in cui la Lega è presente in posizione dominante, è il più antiautonomista».

— L’autonomia è in crisi?
«L’autonomia richiede una classe dirigente autorevole e convinta. In Sardegna oggi, con Cappellacci, c’è invece una subalternità rispetto agli interessi di quello che voi chiamate il Continente».

— Tagli alla politica?
«Si possono fare, ma non tagliando alcune piccole Province. Due anni fa abbiamo proposto la riduzione degli stipendi alti, a iniziare da quelli dei parlamentari, ci hanno risposto che era demagogia perché la crisi non c’era. Servono grandi riforme».

— I tagli alla spesa pubblica sono inevitabili?
«Noi avevamo ridotto le spese correnti, Berlusconi le ha aumentate, riducendo quelle per gli investimenti. I tagli lineari non producono benefici».

— Cappellacci è indagato nell’inchiesta sull’eolico e il giorno dopo le votazioni ne parlerà in Consiglio. Cosa deve fare, dimettersi?
«Non esiste un automatismo. Certo è che si tratta di una vicenda inquietante. C’è il vertice del Pdl coinvolto in operazioni affaristiche. Credo che Cappellacci debba dare spiegazioni più dettagliate di quelle che ha dato Scajola».

— Milia è stato condannato per abuso d’ufficio eppure è candidato.
«Non è questione morale, non c’è stata sottrazione di denaro o cose di questo genere. Una delibera è stata assunta dalla giunta anziché dal consiglio. Un magistrato ha dato ragione a Milia, quello d’appello no».

— Lo stato di salute del Pd. Berlusconi è in difficoltà, ma l’opposizione non ne approfitta. Perché?
«Non ha saputo proporsi come alternativa credibile, forse anche per le divisioni interne. Ora c’è un’inversione di tendenza, nel Pd c’è più coesione e finalmente riparliamo al Paese e non a noi stessi».

— C’è chi vuole un modello Vendola anche nel Pd.
«Vendola suscita emozioni e suggestioni, ma ha vinto grazie alla coalizione e grazie all’Udc che non si è alleata con la destra. Se l’Udc non si fosse alleata con Cappellacci avrebbe vinto anche Soru».

— Cosa pensa della spaccatura a Nuoro?
«Sarebbe meglio che il partito riuscisse a risolvere i problemi interni per tempo, senza affidare il responso agli elettori».

— La preoccupano alcune rotture con l’Idv?
«Non ci sono rotture. Al secondo turno ci incontreremo di nuovo».

Mario Segni (2010)

«Con i referendum l’Italia è cresciuta,
ma ora con Berlusconi...»

“Sono orgoglioso dei risultati raggiunti,
politica e istituzioni
funzionano meglio di prima”

di Filippo Peretti

CAGLIARI. Mario Segni, il leader che ha legato il proprio nome al movimento referendario che con l’elezione diretta di sindaci e presidenti di Regioni e Province ha rinnovato la politica italiana, presenta domani a Sassari (Camera di commercio, 18.30) il suo libro sui vent’anni di battaglie: «Niente di personale, solo cambiare l’Italia». Al dibattito anche Antonello Mattone e Antonio Serra.

— Mario Segni, con il libro traccia un bilancio di vent’anni. Soddisfatto?
«Direi orgoglioso».

— Tra i suoi ci sono però molti delusi.
«Il libro lo avrei voluto intitolare al referendario ignoto, per dire ai tanti che si sono impegnati che ne è valsa la pena».

— E perché ne è valsa la pena?
«Perché abbiamo impresso la svolta storica più importante degli ultimi decenni».

— La delusione è spiegabile col fatto che i risultati non sono quelli sperati?
«Gli autori dei processi storici soffrono per il mancato successo completo. E’ capitato persino a Mazzini».

— Teme una controriforma?
«E’ la cosa che temo di più».

— Chi ha aiutato di più il movimento referendario?
«L’appoggio popolare».

— C’è ancora la voglia di proseguire?
«No, non c’è più».

— Eppure si parla di battaglie in preparazione.
«In una fascia minoritaria c’è ancora consapevolezza e decisione di fare».

— Negli altri prevale la rassegnazione?
«No, è una fase storica che è finita».

— E’ finita la stagione referendaria?
«In questa fase il referendum è stato ucciso dalla classe politica».

— E’ consideato uno strumento superato?
«Invece è più importante che mai, in una democrazia giovane e in un sistema di governi forti il referendum va tutelato».

— Cosa le piace di più delle conquiste fatte?
«La svolta nei Comuni. A Sassari si vota a fine maggio e la sera si conoscerà il vincitore. Una volta il sindaco era eletto dal consiglio comunale che poi passava la metà del tempo a cercare di cacciarlo. Mediamente ci riusciva dopo un anno».

— Lei è sempre favorevole all’elezione diretta del premier?
«Sì, l’elezione diretta ha cambiato il modo di fare politica, ha migliorato i Comuni e sta migliorando le Regioni. Perché non farlo anche a livello nazionale?».

— Forse perché la proposta del Sindaco d’Italia, come la chiama lei, viene ritenuta un po’ pericolosa.
«Lo si pensa perché oggi, dall’altra parte della medaglia, c’è la morte del Parlamento».

— Provocata da che cosa?
«Dalla sciagurata legge delle liste bloccate».

— Lei è presidenzialista e difende il Parlamento?
«Proprio da presidenzialista dico che con un governo forte c’è bisogno di un Parlamento forte, non morto».

— E la battaglia contro la partitocrazia?
«Ora è pure peggio, c’è una forma di centralismo democratico realizzata dalla destra italiana con il consenso tacito della sinistra».

— Anche la sinistra?
«Nei due anni di governo non ha cambiato la legge sulle liste bloccate».

— Eppure nei cittadini fa scandalo.
«Non è nemmeno immaginabile che Obama provi ad assumere il potere di nomina dei membri del Senato e del Congresso».

— E sulla riforma sanitaria ha dovuto faticare parecchio.
«Ha dovuto convincere i democratici uno a uno, e una parte non l’ha convinta. Perché gli eletti rispondono agli elettori e non al presidente. E questo il vero contropotere».

— Da noi invece i parlamentari non hanno questa possibilità?
«Col sistena uninominale erano eletti nel collegio e rispondevano agli elettori: se il candidato era sbagliato veniva bocciato. Oggi rispondono ai signori delle liste».

— Lei si riconosce nella parte moderata e liberale. Cosa le rimprovera?
«Di essere stata poco moderata e poco liberale. Si è fatta trascinare dalla Lega e con le leggi ad personam e il conflitto di interessi ha minato le fondamenta dello Stato di diritto».

— Cosa c’è da fare?
«Cambiare la Costituzione per arrivare al Sindaco d’Italia».

— Ottimista?
«Esprimo tutto il mio pessimismo, questa riforma non lo vuole nessuno».

— Perché?
«La Lega perché è interessata solo al federalismo fiscale, Berlusconi vuole il rafforzamento del proprio potere personale, la sinistra si è convinta che siamo alla vigilia di una svolta autoritaria».

— Condivide l’allarme?
«Non siamo alla vigilia di nulla, siamo semplicemente nel caos».

— Cosa dovrebbe fare la sinistra?
«Se dicesse sì al presidenzialismo e alla riforma del Parlamento aiuterebbero l’Italia a uscire dal pantano».

— Lei si fiderebbe di Berlusconi?
«L’Italia e le sue istituzioni sono più forti di lui».

— Davvero non teme una svolta autoritaria?
«No, non ci credo. Credo nei guasti che Berlusconi ha fatto, colpendo l’idea di legalità e convincendo gli italiani che le regole non servono».

— Cosa pensa dello scontro tra Berlusconi e Fini?
«Ho sentito Fini da Lucia Annunziata, la sua mezz’ora è stata perfetta: una posizione politica di minoranza dentro un grande partito, che fa la battaglia non uscendo, ma affermando un’idea diversa».

— Molti dicono che Fini ha sbagliato.
«Ha sbagliato a dare l’idea di uscire verso un centro pasticciato, questo sì».

— Lei preferisce che resti nel Pdl?
«Sarebbe un modo per democratizzare il partito».

— Lo scontro pubblico non l’ha scandalizzata?
«No. Viva la dialettica».

— Ne avrà viste nella Dc.
«E come no».

— Si stava peggio?
«No, è peggio oggi».

— I partiti hanno ancora un ruolo?
«Se saranno diversi. Peraltro c’è la Lega che prosperando con un metodo leninista».

— Funziona ancora?
«Solo nella fase di espansione. I problemi verranno dopo».

— Dicono che sia il partito più radicato.
«Il radicamento non è più tutto come prima».

— La Lega vince sul secessionismo?
«A me sembra che abbia temperato questa spinta, i voti li prende sulla paura dell’immigrazione».

— Lei dice di non temere Berlusconi ma nel libro conferma critiche molto dure.
«La vittoria di Berlusconi è di aver fatto dimenticare agli italiani che esiste il conflitto di interessi».

— Il degrado morale?
«Sì, il crollo civile che tra le sue conseguenze ha anche il dilagare della curruzione».

— Che cosa fare?
«Per il momento nulla. La spinta referendaria può rinascere se nel Paese rinasce una passione, se cambia il clima politico».

— Perché gli elettori finiscono nell’astensione?
«Non ci sono proposte adeguate».

— Trova ancora sponde a sinistra come all’avvio del movimento referendario?
«Molto più limitata. Occhetto fu determinante nella prima fase, poi la sinistra riformista, con Prodi, Veltroni, Barbera, Parisi, fu decisiva».

— E oggi il Pd?
«Con Bersani è stato conquistato dalla sinistra post comunista, proporzionalista, partitocratica, che illudendosi di vincere vuole tornare indietro di vent’anni».

— Cosa pensa delle manovre centriste?
«Non vedo né spazio né utilità. Casini è stato costretto, ma spero che rientri nel centrodestra e ne assuma la guida per dargli una linea moderata e europeista».

Massimo Dadea (2010)

da La Nuova Sardegna
(7 gennaio 2010)

"GLI ERRORI CHE HANNO
FATTO PERDERE SORU"


di Filippo Peretti

«L’ho scritto innanzitutto per me stesso, per una gratificazione personale. Lo scrivevo e non vedevo l’ora di vederlo stampato». Con il libro «La febbre del fare» Massimo Dadea, 59 anni, nuorese, medico, consigliere regionale dal 1984 al 1994 col Pci-Pds, assessore agli Affari generali nella giunta di Renato Soru dal 2004 sino alla sconfitta elettorale del febbraio 2009, ha aperto un dibattito politico che nel centrosinistra stentava a partire. «Volevo - spiega - lasciare la mia testimonianza. E i libri restano». Dadea aveva tante cose da raccontare: il suo non facile rapporto con Soru, l’ambizione del progetto di cambiamento, l’impegno esaltante, gli scontri nella maggioranza e nel Pd. Ma anche gli errori commessi.

Massimo Dadea, quanti errori?
«Purtroppo tanti».

Anche il presidente e la giunta?
«Molto meno di altri».

Proviamo ad analizzarli. Ma, intanto, perché sinora non c’è stato un vero dibattito politico?
«Mi stupiva il silenzio calato su una esperienza che, qualunque ne sia il giudizio, ha segnato profondamente l’Autonomia».

Come si spiega quel silenzio?
«Non so, ma c’era come una fretta sospetta di archiviare quell’esperienza, addirittura di esorcizzarla».

E’ riuscito finalmente a far aprire il dibattito?
«E’ la finalità politica del libro. Sta suscitando grande interesse. Tra il pubblico del primo convegno di presentazione c’era anche il segretario del Pd».

C’è stato un incontro positivo con Silvio Lai?
«Non c’è stato nulla. Mi ha sorpreso che non abbia dato seguito a quella occasione».

Pesa la vostra divisione degli ultimi anni?
«Non credo. Io ho votato per Bersani!».

Come definisce l’esperienza Soru?
«E’ stato il tentativo più determinato mai messo in campo per cambiare la politica e le istituzioni sarde».

E’ fallito o cosa resta?
«Non è riuscito del tutto, ma dopo questa esperienza molti aspetti non saranno più gli stessi».

Quali?
«I temi ambientali sono entrati nella cultura generale. Poi la ricetta per coniugare modernizzazione e identità. Tra paesaggio e rivoluzione digitale la Sardegna era un modello da imitare».

Non c’erano tutte le condizioni per riuscire nell’intento?
«Abbiamo dovuto prendere atto che, nonostante la nostra febbre del fare, una legislatura non basta».

Da cosa era dettata quella febbre?
«C’era in noi la preoccupazione che il processo di cambiamento venisse ricacciato indietro».

Soru ha ammesso: forse abbiamo aperto troppi fronti in una volta.
«Sì, bisognava aprirne uno, chiuderlo e poi aprirne un altro. Il cambiamento ha bisogno di sedimentarsi».

Tra di voi le cose non erano partite bene.
«Era diffidente, aveva dei pregiudizi».

Temeva che lei fosse legato alla parte avversa del partito?
«Probabilmente mi pensava come una quinta colonna per far fallire il progetto».

Il partito che mandato le aveva dato?
«Fare le riforme. Per questo era stato scelto un assessorato politico».

Lei è stato sul punto di mollare.
«Sì, ma poi lavorando con Soru mi sono convinto della bontà del progetto».

Quali sono i principali pregi di Soru?
«La grande capacità di impadronirsi dei problemi, la forza di volontà».

Gli aspetti negativi?
«Quello che alla lunga gli ha alienato molte simpatie è il peccato di superbia. Ci eravamo convinti di poter essere autosufficienti».

Perché quell’errore?
«Siamo stati come costretti a fare da soli: era venuto meno l’apporto del Pd, preso da un travaglio infinito».

E il rapporto conflittuale con il sindacato?
«E’ una delle ragioni delle nostre difficoltà. Il sindacato non si è dimostrato pronto a sostenere un progetto di cambiamento».

E con gli enti locali?
«Abbiamo fatto cose importanti, come il federalismo interno, il fondo unico da gestire in autonomia, ma hanno pesato di più la legge sulle coste e il piano paesaggistico».

Nel suo libro individua l’inizio della fine nello scontro sulle primarie tra Renato Soru e Antonello Cabras per la guida del Pd.
«Ho provato a dire a Soru di non candidarsi, ma ormai era deciso».

E’ stato uno sbaglio?
«Obiettivamente è la cosa che poteva evitare».

Lei temeva il peggio?
«Avevo chiarissimo che, con qualsiasi risultato, le ripercussioni sarebbero state negative sulla giunta».

E anche sul partito.
«Quella vicenda, gli scontri, l’inquinamento del voto da parte del centrodestra contro Soru, hanno segnato pesantemente la nascita del Pd. Lo vediamo ancora».

Ora, con i congressi provinciali, sembra che le cose stiano cambiando.
«Cinque segretari unitari su otto sono un buon risultato. Rispetto alle primarie Soru-Cabras il clima è diverso, più maturo».

Tra le cause della sconfitta lei ha indicato il «patto scellerato tra i conservatorismi di destra e di sinistra».
«C’è e si fa sentire, come la sanità, i rifiuti, l’ho toccato con mano. Quel patto ha pesato anche sulla legge statutaria e sulle primarie».

Come?
«In modo trasversale. Altrimenti non ci si può spiegare perché chi ha votato a favore poi chieda il referendum».

E sulle primarie?
«Soru aveva messo in discussione il potere dei partiti e nei partiti. Oltre che il centrosinistra si è spaventato anche il centrodestra perché Soru metteva in discussione gli equilibri su cui si reggeva quel patto».

Ha indicato molte cause, ma per lei qual è la principale ragione della sconfitta?
«La difficoltà a comunicare le cose che si facevano nell’ambito del progetto. Alla lunga i messaggi demolitori contro il cambiamento hanno avuto più peso, sono penetrati in profondità».

Cosa pensa dell’ipotesi di dialogo sulle riforme tra il Pd e il presidente Cappellacci?
«Non è positivo dare sponda a una giunta che è in grosse difficoltà».

L’opposizione deve essere più pungente?
«Guardi, la giunta ha già cambiato non so quanti assessori, tre soltanto all’ambiente, e non ho visto grandi proteste».

Cosa vuole dire?
«Non vorrei che ci fosse un’interpretazione sbagliata della linea teorizzata a livello nazionale a proposito di inciucio».

E’ contrario al dialogo sulle riforme?
«Ma non mi sembra che la ricerca di un compromesso sia sulle riforme».

E’ un inciucio?
«L’inciucio è, come scrive Scalfari, un accordo tra malandrini per spartirsi un bottino sconveniente».

Cosa dovrebbe fare l’opposizione?
«Far emergere che il centrodestra vuole solo ricacciare indietro le cose fatte nella passata legislatura».

Pensa che settori del Pd vogliamo aiutare il centrodestra a demolire quanto fatto da Soru?
«Non dico che ci sia un aiuto, ma è l’immagine che viene percepita all’esterno».

Giovanni Angelo Colli (2010)

da La Nuova Sardegna
(5 gennaio 2010)

"IL PSD'AZ A PICCOLI PASSI
VERSO L'INDIPENDENZA"


di Filippo Peretti

Tre parole chiave («cambiamento, trasparenza, sovranità») per le alleanze alle Amministrative di maggio. Il nuovo leader del Psd’Az, Giovanni Angelo Colli, 41 anni, avvocato, famiglia sardista da generazioni, difende l’autonomia del partito dai poli italiani.

Come farete le intese?
«Come ha deciso il congresso: nelle Province e nei Comuni si possono fare alleanze di segno diverso ma solo sulla base dei programmi».

Volete mani libere?
«E’ un’espressione che non uso, fa pensare a interessi di basso profilo».

Ma vi accusano di fare la politica dei due forni. Perché non scegliere subito tra destra e sinistra?
«Quelli sono schieramenti nati e pensati per l’Italia, è uno schema non utile alla Sardegna».

E l’alleanza col centrodestra alla Regione?
«Abbiamo messo una serie di punti programmatici e li hanno accettati».

Tra i punti c’è anche l’Assemblea costituente per lo Statuto, ma il Pdl ora sembra contrario.
«Per noi è irrinunciabile».

Se ora vi dicono di no?
«Io confido che diranno di sì. I patti si rispettano».

Perché per voi è irrinunciabile?
«Vogliamo che il popolo sia protagonista del nuovo patto tra la Sardegna e lo Stato italiano».

Se lo Statuto lo scrivesse direttamente il Consiglio regionale?
«Avrebbe meno forza».

Perché?
«Proviamo a immaginare quale impatto avrebbe a Roma uno Statuto scritto da rappresentanti eletti dal popolo in una Costituente».

Anche i consiglieri sono eletti dal popolo.
«Ma per governare. E dentro coalizioni rigide. La Costituente non avrebbe condizionamenti di parte».

Voi avete confermato la linea dell’indipendenza. Vi sentite a vostro agio col centrodestra?
«Il tasso di indipendenza è presente, o non presente, in egual misura nelle due coalizioni italiane».

Come si conquista l’indipendenza?
«Non certo in modo traumatico, ma passo dopo passo».

E voi quali passi state facendo?
«Questa coalizione ha accettato di fare la Costituente. E’ un passo».

Soddisfatti dei primi dieci mesi della giunta Cappellacci?
«Sta lavorando bene. Quando non siamo soddisfatti non votiamo i provvedimentui in Consiglio. E’ già successo».

Quali riforme sono utili nel cammino verso l’indipendenza?
«Quelle per il cambiamento, la trasparenza e la sovranità».

Cambiamento e trasparenza sono parole d’ordine già usurate.
«Partiti e ciascuna amministrazioni devono fare uno sforzo in termini di democrazia e trasparenza, togliere tutti gli spazi al clientelismo».

Anche questo è un impegno non nuovo.
«Vedrà, faremo una battaglia molto forte».

Volete cambiare anche gli altri partiti?
«Tutti dobbiamo uscire dalla logica dell’ordinarietà. La politica è in crisi e ha bisogno, anche per riconquistare i giovani, di partiti che sappiano proporre sogni da trasformare in realtà».

L’indipendenza è un sogno o un’utopia?
«Un sogno realizzabile».

Ma davvero pensa che l’indipendenza della Sardegna sia una scelta realistica?
«Sì. E dico di più: è l’unica scelta possibile. Per fare leggi su misura che ci garantiscano lo sviluppo».

Non potreste proporre più semplici riforme di ordine economico?
«Abbiamo molte proposte su industria, credito, trasporti, scuola, eccetera, ma sono irrealizzabili se per attuarle la Sardegna non ottiene i poteri, cioé la sovranità».

Faccia un esempio.
«Pensi all’imposizione fiscale come leva per lo sviluppo. E’ essenziale, ma senza sovranità non l’avremo mai. O al rapporto con l’Europa. E’ l’unico modo per essere ascoltati».

Ci sono le condizioni per raggiungere l’obiettivo?
«Sì, l’Italia è andata avanti. Negli anni 70 e 80 ci davano dei mezzo terroristi, mentre oggi tutti parlano di federalismo come di una cosa scontata».

Lei avrebbe regalato la bandiera del Psd’Az a Berlusconi come ha fatto il suo predecessore?
«E’ stato un gesto di cortesia, non di sottomissione come poi strumentalmente interpretato. Il Psd’Az la bandiera non la regala a nessuno. Siamo l’unico partito, ripeto l’unico, che ha mantenuto nome e simbolo».

Torniamo alle alleanze. Come è andato il vertice con il centrodestra?
«Ci dobbiamo rivedere».

Si è incontrato col segretario del Pd?
«No. Silvio Lai è venuto al nostro congresso, ha fatto un discorso interessante sul concetto di indipendenza, a dimostrazione che se ne può parlare».

Apertura interessate?
«Forse, ma tutti oggi sanno che l’autonomia non è più sufficiente».

C’è attesa per le vostre decisioni, ad esempio a Sassari dove amministrate col Pd. Confermerete l’alleanza?
«E’ prematuro parlare di decisioni. Una cosa è certa: dappertutto faremo alleanze sui programmi di cambiamento, non sulle poltrone».

Lei è di Oliena, come Mario Melis.
«Il Presidente ha rappresentato il punto di maggior espressione del sardismo, sapeva comunicare con chiarezza le ragioni per cui tutti devono sentirsi sardisti».

Quella capacità l’avete smarrita.
«Dobbiamo ritrovarla, trasmettendo il messaggio anche agli altri partiti».

A parole si dicono già tutti sardisti.
«Invece c’è troppa subalternità».

Un giudizio un po’ severo se è generalizzato.
«Fanno anche battaglie giuste, ma sanno che decidono i vertici italiani. E’ un fatto oggettivo, perciò devono cambiare mentalità».

Ci sono stati due incontri tra Cappellacci e Lai. Favorevole al dialogo sulle riforme?
«Ben venga, ci interessano i risultati, non gli umori delle tifoserie».